mercoledì 23 settembre 2009

Lush contro i sacchetti di plastica

Amo il verde e il biologico ed è stato quindi "naturale" appassionarmi ai prodotti LUSH. All'epoca della loro scoperta abitavo a Londra e quindi, anche tornata in Italia, mi facevo mandare dalle mie amiche rimaste colà le fantastiche palle da bagno (le ballistiche). Finalmente qualche anno fa il mitico Marc Constantine - ideatore, fondatore e presidente di LUSH - ha deciso di go global. Già, più che il verde alla fine può il desiderio di profitto anche se mascherato sotto il "diffondiamo la filosofia della non-confezione, del no ai conservanti, del packaging riciclato e riciclabile, degli ingredienti non di sintesi". Ciò detto, ora "scremo le creme" con molta attenzione e quindi ho scartato alcuni prodotti, tuttavia rimango grande fan e utilizzatrice (soprattutto gli shampoo, che trovo comodissimi) e aderisco sempre con gioia a tutte le loro proposte.


Mi è arrivata newsletter che annuncia la loro campagna per l'abbandono dei sacchetti di plastica.
Posto che sono la prima a cercare il più possibile di fare la spesa con le mie borsine di stoffa, a comprare il detersivo alla spina, a privililegiare il lavabile invece dell'usa e getta, mi sorge spontanea una domanda: ma la spazzatura dove la metto? Dove la metto se non nei sacchetti di plastica del supermercato? Devo comprare ANCHE quelli speciali da compostaggio che - peraltro - a Milano non sono riciclati?

Che mi consigliate?

lunedì 14 settembre 2009

Dimagrire con lo Yogalates


Se anche voi siete mamme come me che le hanno provate tutte per dimagrire e buttar giù i chili della gravidanza, siete nel posto giusto.

Ovviamente io NON sono rientrata nel novero delle yummie mummies che come per magia, pur allattando per 19 mesi, lavorando, correndo come una pazza da mattina a sera è dimagrita. La fata Smemorina con me la bacchetta non l'ha trovata.

Le ho provate tutte davvero. Nell'ordine:

- esame e dieta delle intolleranze
- visita da celebre dietista Zonista (Gigliola Braga) e dieta Zona
- costosissimo metodo Figurella (già testato con successo anni fa ma stavolta no)
- dieta delle alternanze di cereali (con il mitico dott. Speciani)

Con ogni dieta provata perdo i primi 3-4 chili e poi si blocca tutto. Nessuno riesce a capirne il perché ma così è. Non ho problemi di tiroide, né di metabolismo né di altro. La diagnosi è solo lo STRESS. Che mi fa gonfiare come Bombo di Finding Nemo. E gli 8 chili che devo perdere sono tutti lì.


Fino a che, mettendo in ordine i dvd, sono incappata in un cd di tale Louise Solomon. Avevo scritto un pezzo su di lei un anno fa e mi ero quindi procurata i suoi dvd. Il pezzo me lo avevano pure pagato ma i cd, devo confessare, non li avevo manco s-cellophanati. :-)

È una tipa australiana, che opera a Byron Bay, un posto magico sulla west coast australiana, meta di fancazzisti e di fattoni, rimasto fermo negli anni '70 ma davvero con un'atmosfera incredibile e straordinaria. Ne parlo a ragion veduta perché ci sono stata. E ci ho perso un aereo. Non fatemi dire di più ;-)

Beh, la tipa è la guru e fondatrice dello Yogalates, fusione di yoga e Pilates.
Lei garantisce che facendo il suo workout 3-4 volte alla settimana per 3 mesi la mia via cambierà. Ci provo.

Il cibo bio è superiore. E adesso?!?!

L'anno scorso aveva fatto scalpore un servizio apparso su Panorama che accusava il cibo biologico di essere inutile quando non addirittura truffaldino. La sostanza dello studio inglese su cui si basava la pessima e poco documentata ricerca (disonore per un settimanale solitamente ben informato come Panorama) era che il cibo bio non era meglio dell'altro né per il gusto né per la salute.

Peccato che adesso arrivi una solenne smentita dalla Francia. Clamorosa e conclamata ma da noi, chissà perché, nessuno ne parla. Beh, lo faccio io, riportando l'articolo pubblicato su Greenplanet. Eccolo.

"Una nuova ricerca, questa volta redatta in Francia, produce conclusioni che stravolgono completamente i risultati dello studio inglese che, lo scorso agosto, hanno scosso il mondo biologico creando non pochi guai. Che si voglia o no i benefici nutrizionali offerti dagli alimenti biologici rappresentano un tema di dibattito di grande rilievo, alla luce anche dell'effetto dirompente della famosa ricerca inglese del FSA, riportata con grande enfasi dai detrattori del settore. Ma la discussione non è di certo conclusa: oggi, infatti, esce su Agronomy for Sustainable Development una ricerca che propone una conclusione diametralmente opposta, questa volta coordinata dall'agenzia alimentare francese Afssa (omologa dell'ente britannico), quindi altrettanto autorevole.

Denis Lairon dell'Università di Aix-Marseille ha infatti curato un "aggiornamento esaustivo e ragionato sulla qualità nutrizionale e sanitaria degli alimenti biologici", per conto dell'AFSSA (l'autorità francese per la sicurezza alimentare), di una ricerca originariamente pubblicata già nel 2003, arricchita con risultati raggiunti negli ultimi anni.

Tra le peculiarità riscontrate solo nel biologico, una maggior presenza di elementi e minerali come ferro e magnesio e una maggior concentrazione di polifenoli antiossidanti come fenoli e acido salicilico. A proposito dei livelli di carboidrati, proteine e vitamine non sono stati raccolti dati sufficienti per una valutazione adeguata mentre la carne bio contiene una maggior quantità di grassi polinsaturi di quella tradizionale.

L'elemento che contraddistingue la ricerca francese distinguendola da quella della FSA inglese è la sicurezza alimentare. Il cibo bio, per esempio, non contiene pesticidi tra il 94 e il 100%, l'ortofrutta bio, invece, spicca per una concentrazione del 50% inferiore al convenzionale di nitrati. I cereali biologici contengono quantità di micro tossine analoghe al prodotto convenzionale.

Tornando alla ricerca Fsa, invece, adesso è chiaro come siano stati in prevalenza ( od esclusivamente) analizzati studi pubblicati in lingua inglese, sottolineando carenze metodologiche in alcune analisi che forse poi non sono state prese in considerazione.
La relazione AFSSA ha invece prestato maggior attenzione alla qualità delle ricerche esaminate e lo studio che le accompagnava. I documenti selezionati dovevano essere collegati a pratiche agricole biologiche certificate e ben definite, valide informazioni sulla progettazione e follow-up, validi parametri di misura e campionamenti appropriati e analisi statistiche.

Qui si ferma il breve riassunto scientifico. Ora sarebbe curioso vedere cosa faranno gli stessi giornali che nei primi di agosto hanno rilanciato brandelli dell'agenzia di stampa che riprendeva (parzialmente) la notizia della ricerca inglese. Troverà altrettanto spazio l'altrettanto autorevole ricerca francese? Dubitiamo. C'è una volontà diffusa, in vari segmenti dell'industria agroalimentare anche in Italia, nel voler ridurre quanto di meglio vi sia nella produzione biologica. La qualità dei prodotti e il lavoro delle persone che si sforzano di coltivarli.

Infine una spontanea annotazione di carattere culturale. In Francia vi è una tradizione agroalimentare che eccelle ed è riconosciuta a livello mondiale, legata a terreni vocati, coltivazioni eccellenti e capacità di valorizzare nel modo più appropriato queste risorse. Alla Gran Bretagna possiamo riconoscere una grande forza dell'industria del cibo, fatta di razionalizzazione, distribuzione e utilizzo della comunicazione. Contesti e caratteristiche che non possono non avere un peso sul piano decisionale di un'autorità governativa."